#23F o 15 M-alasaña
Ormai si capisce che il motore scintillante per lo scrivere, oltre al movimento di sentimenti, è il movimento della massa. Dopo poco più di un anno di vita nella bella Madrid, capitale di questo paese contraddittorio, pieno di festa e lamenti, vita sociale e degrado, capitale del fermento di ozio cultura come di malcontento politico, si torna per le strade in una fredda domenica di sole febbraiola, quando una straniera recettiva ormai disillusa di poter apportare qualcosa con la propria presenza al corteo, riflette su quello che vede e sente.
Innanzitutto le nomenclature fanno la differenza. Un corteo, una protesta, da di per sé o dovrebbe dare sensazione di disordine e anarchia? Forse no, ma la prima associazione mentale rispetto a una giornata come questa, è stata la più forte. Se sei in Spagna nel 2013, nel mezzo di una crisi di disoccupazione, di corruzione politica che risuona specialmente negli ultimi giorni ma che sarebbe radicata bell'animo dei nostri uomini di potere e di governo, di privatizzazione sanitaria non voluta, di tagli su tagli... chiedi "per cosa la protesta di oggi", ti risponderanno, "per tutto". "Islandia es el camino" dice un cartello scritto a pennarello appena vedo la prima parte del corteo, ancora nella piazza del Sol, con un orso e un corbezzolo in controluce, e mi chiedo se davvero non ci si renda conto della distanza culturale, strutturale, politica ma soprattutto popolare rispetto al paese nordico. Una protesta convocata dal sindacato medico, ma appena arrivata li, scopro le bandiere più disparate di simboli e colori. Sinistra unita, sindacati, repubblicani. Le chiamano "maree" differenti che si incontrano in un punto: protesta. O io chiamerei piuttosto, lamentarsi facendo festa e rumore. L'obiettivo non è chiaro, nemmeno il metodo, o i protagonisti. Se ci si pensa bene, non si può nemmeno restare con le mani in mano aspettando che qualcun altro si lamenti per noi, ma se realmente si vuole cambiare qualcosa forse seguire con lo stesso metodo senza successo, con una media di 10 manifestazioni al giorno nel 2012 (oltre 1l 74% del 2011) nemmeno ha molto senso. La camminata prosegue e un occhio osservatore incorre in frasi con giochi di parole, "a te bustarella e a a me i tagli" o "Dimitir non è un nome russo", 15-Malasaña, perchè anche los barrios in Madrid hanno la loro personalità forte e scendono con il loro striscione identificativo. La creatività della gente ha qualcosa di speciale, e Madrid soleggiata quando il corteo va spostandosi e percorrendo tutta Gran Via, resta per chi viene da fuori, sempre qualcosa di impareggiabile. Il palazzo dell'Ayuntamiento, enormemente modernista, ancora baciato dal sole, in quella piazza di Cibeles quasi fatta apposta a raccogliere fiumi di persone e camionette dellla Policia. Perchè si, anche stavolta, ci saranno atti di violenza, anche stavolta si supererà l' austerità che e il limite dovuto a questo popolo maltrattato, con gesti che ci riportano al torto di essere una massa multiforme, disordinata e tendente alla violenza delle strade.
Ma ci sono tantissimi bambini accompagnati da madri che gli insegnano a cogliere le frasi più significative, chissà come vivranno loro, nati in mezzo alla normalità del protestare e della sottomissione alle classi forti. Proprio quello che farebbe uno scrittore, pensavo, raccogliere messaggi. Famiglie, studenti, giovani e anziani, quello che di più bello resta di questa avventura tra bandiere e canti e fischi di disprezzo, è la sensazione di essere in una festa. Un'ennesima occasione di unirsi, stare per la strada, bere cerveza e mangiare pipas da tirare rigorosamente in un angolino di strada, orgogliosamente spagnoli e quasi non curanti di esser parte e partecipare a costituire un sistema che affonda. Ma il bello, è che l'umore non affonda, che i tagli non arriveranno a toglierci i giri di tapas, l'ozio e il ben vivere. C'è ancora speranza, anche in una lotta non esattamente ordinata e costituita, speranza di vivere meglio, ma tra una lotta e l'latra un sorso di tinto de verano e una tortilla pepata ci accompagna per giornate, serate e notti senza una fine. E l'"after"?
Innanzitutto le nomenclature fanno la differenza. Un corteo, una protesta, da di per sé o dovrebbe dare sensazione di disordine e anarchia? Forse no, ma la prima associazione mentale rispetto a una giornata come questa, è stata la più forte. Se sei in Spagna nel 2013, nel mezzo di una crisi di disoccupazione, di corruzione politica che risuona specialmente negli ultimi giorni ma che sarebbe radicata bell'animo dei nostri uomini di potere e di governo, di privatizzazione sanitaria non voluta, di tagli su tagli... chiedi "per cosa la protesta di oggi", ti risponderanno, "per tutto". "Islandia es el camino" dice un cartello scritto a pennarello appena vedo la prima parte del corteo, ancora nella piazza del Sol, con un orso e un corbezzolo in controluce, e mi chiedo se davvero non ci si renda conto della distanza culturale, strutturale, politica ma soprattutto popolare rispetto al paese nordico. Una protesta convocata dal sindacato medico, ma appena arrivata li, scopro le bandiere più disparate di simboli e colori. Sinistra unita, sindacati, repubblicani. Le chiamano "maree" differenti che si incontrano in un punto: protesta. O io chiamerei piuttosto, lamentarsi facendo festa e rumore. L'obiettivo non è chiaro, nemmeno il metodo, o i protagonisti. Se ci si pensa bene, non si può nemmeno restare con le mani in mano aspettando che qualcun altro si lamenti per noi, ma se realmente si vuole cambiare qualcosa forse seguire con lo stesso metodo senza successo, con una media di 10 manifestazioni al giorno nel 2012 (oltre 1l 74% del 2011) nemmeno ha molto senso. La camminata prosegue e un occhio osservatore incorre in frasi con giochi di parole, "a te bustarella e a a me i tagli" o "Dimitir non è un nome russo", 15-Malasaña, perchè anche los barrios in Madrid hanno la loro personalità forte e scendono con il loro striscione identificativo. La creatività della gente ha qualcosa di speciale, e Madrid soleggiata quando il corteo va spostandosi e percorrendo tutta Gran Via, resta per chi viene da fuori, sempre qualcosa di impareggiabile. Il palazzo dell'Ayuntamiento, enormemente modernista, ancora baciato dal sole, in quella piazza di Cibeles quasi fatta apposta a raccogliere fiumi di persone e camionette dellla Policia. Perchè si, anche stavolta, ci saranno atti di violenza, anche stavolta si supererà l' austerità che e il limite dovuto a questo popolo maltrattato, con gesti che ci riportano al torto di essere una massa multiforme, disordinata e tendente alla violenza delle strade.
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