PRATO

Mai come in questi due mesi, esistenzialmente lunghissimi, ho imparato l'importanza del coraggio per vivere. Vivere bene richiede sacrificio, richiede sofferenza, e l'uomo rifugge per istinto ogni forma di male per sé stesso. Ma è l'uomo saggio che nel prevedere il dolore riesce a sopportarlo godendone il frutto, con concentrazione e meditazione, per raggiungere il sommo bene, per coltivare il proprio prato fiorito.


E con le scelte difficili, con il coraggio di sorridere strizzando l'occhio agli scherzi cattivi della sorte, non solo ciò che sta sbocciando di nuovo intorno a me sono rose rosse e bianche, ma le erbacce nate insieme al prato della vita stanno per essere estirpate. La mia rosa rossa preferita è ancora bocciolo, fresco, di quelli che premoniscono una forma di fiore perfetta, così completa, delicata. Tante rose bianche sono già sbocciate e sembrano rinvigorirsi nel loro biancore, non v'è cenno di appassimento. Le sto curando, una ad una, perché intorno a me non vi sia spazio per forme meno belle di quella perfezione terrena.
Lo stelo del mio essere, forte e arcuato, sta resistendo alle gelate, alle raffiche di certi giorni di inverno, che sembrano estirpare tutto il colore d'amore, ma non succederà, l'oscuro bosco di rovi non estenderà la sua superficie oltre quell'esile striscia di male che resta.
L'acqua non smette di irrigare, anche se alcune lontane dalla fonte rischiano di non nutrirsi a sufficienza. A volte non è possibile mantenere tutte le rose in vita, alcune si affievoliscono e restano nel prato, per dar vita a rose nuove.

La coreografia toglie il fiato; ma sto osservando quella, la mia preferita, che come in un quadro d'autore è il particolare che ruba l'attenzione, la pennellata d'effetto,lo stimolo alla ricerca di significato, è sconvolgente la sua bellezza tentatrice. Sono decisa  a mantenerla così, in eterno, come un perfetto giardiniere, al di là del tempo e delle stagioni.

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