Madrid vince l'Europa

Gli argomenti spaziano sempre di piu nel nostro essere non convenzionali, e di fatto ultimamente un po' assenti. Ma è il problema di non essere 2.0 ovunque e comunque, quando vorresti fotografare quel momento e prendi appunti per poter scrivere un post memorabile. 
Madrid è tante cose e lo è stato tanto per me, ma mai avrei pensato che avrebbe vinto una vera partita. Certo, è la Spagna, ma Madrid è stata la capitale, della festa, della nazione.
Per gentile concessione di Isra

Avevo pregudizi sul calcio tali per cui non avrei mai pensato potesse aver un lontano tipo di influsso nel mio umore, e tantomeno nella mia felicità o tristezza. 
Ma questa è stata un'esperienza di una nazione, di una cittadinanza ferita. Fin dal primo incontro Italia - Spagna di questi campionati europeoi 2012, che ricorderò probabilmente per una vita, si scherzava tra fratelli italo-spagnoli su una possibile finale. Ma mai avrei pensato che la sorte avrebbe giocato uno scherzo così insolito: dopo sofferenze, per non sapere chi si vorrebbe come avversario, non c'è tifo che conti, la grande finale ci spiazza e arriva ad accompagnare i migliaia di Italiani di Madrid, e altrettanti in tutta la Spagna. Chissà quanti sono talmente affezionati a questo paese da essere stati quasi contenti. Ma se volete rivelata la sensazione personale di un'italiana in Spagna durante i festeggiamenti, e volete la verità, è stata malinconica e bisognosa di radici. Per un momento credo di aver invidiato questo popolo. Certo per tutto il mondo siamo come fratelli, ma l'Italia stessa è cosi diversa che non sarebbe possibile paragonarci. Ho invidiato questa grande capacità di sentirsi uniti, e forti di vantarsi di quello che hanno conquistato. Forse non è molto, forse le vicende politiche ed economiche dovrebbero ofuscare un gioco, ma non si tratta solo di questo. E' stato il gioco di una nazione che ha dimostrato di poter essere "buena" e saper risollevare l'umore di migliaia di giovani disoccupati o famiglie in difficoltà. 
Ho sempre riflettuto molto sul senso del nazionalismo, e l'ho sempre trovato quasi inesistente in noi giovani d'oggi, noi che non abbiamo bisogno di lottare nè per difenderci da nemici, nè per avere un'auto nuova o qualunque altro tipo di lusso. Non sappiamo cos'è il sacrificio per la patria e non ci sentiamo uniti come Italiani. Spero che qualche lettore possa contraddirmi, ma le mie esperienze all'estero non hanno fatto altro che confermare questa sensazione: essere compatrioti nello stesso paese non ci fa più fratelli che se fossimo a casa, anzi forse anche meno.
E cosi tra mille pensieri che pullulano come le luci e le bandiere a Cibeles, queste strisce gialle e rosse, mi ritrovo qui trascinata dal fiume e mi godo questa fortuna, di un evento che probabilmente non tornerà, almeno presto. Cerco a tutti i costi di dimenticarmi degli affetti, con i quali non avrei potuto festeggiare, e di legarmi al cuore di un paese che sta palpitanto proprio qui in questa piazza. Ma al grido "soy Español" non è possibile cedere... anche troppo è stato portare una bandiera su un braccio  e una sull'altra. E contiunuo ad attaccarmi a gruppi di italiani che sento mimetizzarsi come me, cercando il modo di parlare la mia lingua ed essere protetta e riconosciuta allo stesso tempo . 

E cosí i segni continuano, e possiamo se vogliamo, (o non dipende dalla nostra volontá) far finta che sia solo un gioco di sorte, o possiamo scoprire come ancora una volta il macrocosmo si riflette nel micro, e in una lotta amichevole tra simili, trovare la propria storia, la divisione di un'emigrante, la voglia di esser parte di qualcosa di grande, e di condividerlo. E poi decidere se seguire le sorti di chi ha vinto un campionato. In questo momento la mia Spagna porta il titolo, e mi sto facendo abbracciare dalla sua bandiera. Ha vinto lei ancora una volta, ma l'amore, come il calcio e come la vita, è imprevedibile.

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