L'ARRIVO


Un po' per caso, un po per destino o volontà, mi ritrovo ad affrontare un nuovo periodo all'estero, a metà ancora tra studio e lavoro, apprendimento e guadagno.  C'è chi dice che lo volevo, c'è chi mi stima, c'è chi non comprende. Fattostà che siamo ancora qua, nuovo incubo valigie, nuovo appartamento, nuova città, stranieri. E sono una testimonianza delle tante, che fuggono dal paese d'origine per cercare fortuna. In realtà non sono poi così avventuriera, non sono passata dalle stelle alle stalle, sono in un paese più che civilizzato -  qui i paragoni con il recente soggiorno argentino sono inevitabili - già assunta come stagista con un progetto europeo.
Dejavù: all'aeroporto Valerio Catullo di Verona, esattamente come alcuni mesi fa. Eppure stavolta non mi scendono lacrime. C'è più nervoso, agitazione, come di chi lascia un sacco di sospesi e ha paura di non riuscire a risolverli. Non ci sono lacrime perchè non mi sento più sola, ma solo un po' rabbiosa per dovermi separare dalle mie sorelle e ovviamente da chi più di tutti mi ha permesso di diventare quello che sono, mia madre. Forse non piango perchè non ci sarà fuso orario, condizione psicologica alienante soprattutto quando si indietro e si deve correre per raggiungere chi sta andando a dormire. 
Continuo a chiedermi se sto fuggendo e da cosa. Forse gli incontri più belli sono sempre quelli prima di partire, perchè vissuti come se il giorno dopo non ci fossero più. Il bello è non dare niente per scontato, e vivere ogni attimo per quello che è con la certezza che entro poco non ci sarà più. Il brutto è che questa certezza rischia di dare poco valore al futuro, cercando di consumare gesti e parole e significati alla breve, tanto domani non ci vedremo più. Lasciato quel che si è lasciato, inizio a respirare quella solita sensazione, ormai non è più nuova è vero, ma resta sempre quell'emozione, la solitudine per una città enorme e nuova, che niente e nessuno ci può far sentire altrettanto vivi, che è tutto nelle nostre mani, che possiamo farcela in ogni proposito.
Dall'aeroporto enorme di Madrid, dopo un leggero brivido bagagli, trovo tutto, mi organizzo e inizia il lungo tragitto attraverso i terminal. Muoio di caldo, la sciarpa e il cappello mi alzano tremendamente la temperatura, nonostante sia molto tranquilla e mi senta molto a mio agio negli aeroporti. Certo è che lo sconforto di avere 30 kg con sè (grazie alla carineria degli operatori Ryanair saranno stati almeno 35) ed essere tremendamente soli a volte si insinua. Si rovesciano i valigioni, nessuno si ferma ad aiutare, la psicologia sociale è tremendamente egoista e diffidente, ancor di più quando si tratta di difendere uno più debole. Ma niente è impossibile, la tenacia e la determinazione possono togliere la parola Impossibile dal vocabolario dell'umanità. Tra scale, ascensori, passanti, rullanti, arrivo a destinazione. L'uscita dalla metro è un fotogramma da film: la scritta metro risalta in alto in mezzo a un nebbione fitto trapassato dai lampioni della calle Santa Engracia. Solo uan ragazza, ormai alla fine del tragitto, si offre di aiutarmi e mi indica la via della mia residenza.
Arrivo, non so dove suonare, mando un sms e la padroncina occhi a mandorla scende ad aprirmi. Occhiamandorla è cinese, ma parla lo spagnolo madrileno come lingua madre. Atmosfera surreale, stanchezza mentale, stipuliamo il contratto e vediamo un po' di cose della casa. Non trovo le cose nelle valigie, ma lascio tutto dov'è riesco a docciarmi, ovviamente la presa della corrente del portatile non funziona, ma farò in tempo a connettermi giusto un attimo per avvisare del mio arrivo, prima che si scarichi del tutto la batteria. La casa è stranissima, sembra un ostello, niente è lasciato nelle aree comuni, niente per lavarsi. Però è tutto in ordine, semi pulito. In solitudine mi abbandono al sonno, soddisfatta, mi rilasso, penso ai giorni appena trascorsi, penso a questo momento di distacco, penso a quanto porterà vita nuova, penso al tempo che forse non ha senso e forse non mi rendo conto di cosa sia. Sto crescendo, e sto arricchendo la mia vita di esperienze perchè solo un viaggio può essere la metafora più vicina alla vita.

Primo Giorno
Missione numero uno: andare a trovare un adattatore per la presa di corrente del pc. Proprio appena uscita dall mia via, nella Calle principale trovo una grande scritta: FERRETERIA. Ma come faccio ad essere cosi fortunata? Ovviamente l'adattatore non esiste, ma costi quel che costi troverò il modo di attaccare al muro quella dannata spina. E così l'unica soluzione è tagliare la mia e attaccare quella che va bene. Un vecchiotto con due fondi di bottiglia con mano tremolante inizia l'operazione, tagliando di netto il filo, e nonostante la gran poca sicurezza trasmessa, confido e non mi preoccupo più di tanto. Nel frattempo parlo con l'altro ferretero, un po' più giovane, mezza età, parliamo del più e del meno, del posto dove vivo, di cosa farò e poi...  la poesia non mi abbandona. Inizia a parlare della lotteria che qui a Madrid nel periodo del Natale è molto sentita. Mi chiede com'è in Italia, manda degli amici a comprare dei biglietti ma poi esce con la perla della seconda persona incontrata a Madrid:  che è ogni amanecer, ogni alba che si può vedere, la piu importante lotteria che si possa vincere. Ma perchè in ogni angolo di vita incontro un momento di commozione, un intenso profumo della vita?

Risolta l'operazione, come ho fatto bene a fidarmi senza pensare, i fili sono al loro posto e la spina funziona.
Riparto per comprare a caso qualcosa di commestibile e soprattutto trovare una mappa e forse un nuovo numero telefonico.
Riesco a trovare un edicolante gentile, mi vende il mapa, mi indica dove posso trovare il negozio della compagnia telefonica, e trovo tutto. Mi sento troppo fortunata, e audace. Decido di verificare l'indirizzo del mio posto di lavoro, oggi sarà chiuso ma meglio sbirciare. Arrivo, vedo il campanello con quel logo visto riprodotto tante volte solo su internet o sulle mail. Ora è li, a pochi metri da me su quel campanello. Emozione. Ce l'ho fatta, sono arrivata. Mi sento potente. Quasi indistruttibile.
Cammino ancora tanto, vedo le vie principali, ma non vedo l'ora di tornare per una doccia, stare su internet , ricercare, riposare.

Coinqulineggiando 
Parlo con la coinquilina irlandese, mi ricorda tantissimo le amiche iralndesi conosciute anni fa, stessi occhi, stessa voce dolce. Puzza di cipolla e aglio per casa, pare sia colpa della cucina brasiliana. Parlo con la palestinese inglese, giovane, comunicheremo in inglese, fortunatamente non mi dimenticherò della mia lingua preferita. 

Sensazioni
Solo io posso capire quello che lascio, stupirmi di chi si mostra vicino, rattristarmi di chi si è allontanato senza apparenti ragioni. Sentirmi dire "ti invidio" da tanti anche se a me sembra di fare qualcosa di assolutamente normale. In fondo la mia è solo una scelta. Mi è bastato scegliere di fare una nuova esperienza all'estero. Scegliere e fare di tutto per avere quel tipo di lavoro. Penso che nessuno di chi lo desideri davvero non possa farlo. 
Penso a quanto è cambiato in me dalle mie origini, penso ai progressi e alla crescita dei miei anni, alle risorse che non avevo e che mi sono creata, e una strana sensazione di spersonalizzazione mi coglie come se chi sta scrivendo in questo momento sia altro da me, sia una seconda persona che si è costruita un Destino i cui punti pian piano si stanno connetendo.


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