Alla scoperta de las Cataratas do Iguaçu - e di noi stessi






Una pagina, perchè una pagina di vita, una pagina per un viaggio che non si può non portare nel cuore per sempre. Non è solo per le cartoline che sono uscite magicamente dal mio obiettivo, è per le sensazioni, per la lontananza, la pace, per ciò che sente un anima cresciuta in una piccola città di un piccolo stato e che ancora di più sente quella piccolezza e sente quella globalità nella forza della natura.  Cercherò di mescolare un po' di quello che può essere utile a un futuro viaggiatore, un po' di quello che è solo mio.

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PARTENZA: ROSARIO - PUERTO IGUAZU

Visualizzazione ingrandita della mappa


Tempo stimato: 20 hs di pullman. Ma non un pullman qualsiasi, viagga anche tu con... Crucero del Norte! ti sembrerà di essere in aereo, anzi meglio. Partenza dal lavoro dirette con le valigie, alle 2 del pomeriggio inizia l'avventura. L'ipod fedele compagno caricato a manetta nella speranza che duri fino allo strenuo, per accompagnarmi lungo mille pensieri e mille km. Inizio già a sentirmi vagamente sola con me stessa. Siamo negli ultimi sedili come in gita scolastica, con la macchinetta del caffè acquoso e dell'acqua giusto a fianco. Tra un film pessimo dopo l'altro, le fermate intermedie, una dormitina e l'altra arriva ora di cena, e ci trattano proprio bene, servono spumante e whisky a bordo, il paese dei balocchi, ma diciamo che non ero esattamente nel mio momento "balla". La mia amica si gira e dorme, io guardo l'ultimo film per digerire prima di stendere completamente il sedile e dormire... Nel bel mezzo del nulla, con il cellulare italiano scarico, lontana. Mi addormento pensando a tutti i miei desideri, a chi vorrei vicino adesso, a chi vorrei allontanare da me non solo fisicamente, e il cuore mi fa un po' male.

La luce delle 7 del mattino mi mostra le luci di un'alba rossa, come solo qui in Argentina vedo. Rossa è anche la terra, siamo quasi a Misiones, e pare che abbia dormito piuttosto bene! A parte un piccolo dejavu che mi dice di essere stata svegliata da una madre impazzita che pensava che dovessi scendere a Posada con lei e cosi alle 4 del mattino torno al mondo reale sentendo toccarmi il ginocchio dolente ma io  ancora tra sogno e realtà devo essere stata in grado di capire cosa stava gridando e spiegarmi in spagnolo per dire che dovevo proseguire fino a Iguazu. Momento colazione: stranite ci dicono di scendere dal pullman, ci troviamo in una sorta di deposito della compagnia di pullman, ci fanno entrare tutti in una sala stile sala da pranzo alberghiera, e con una gran sensazione da deportata - anche forse per le facce che avevamo a fianco- ci fanno sedere uno dopo l'altro per occupare ogni posto dei tavoli, ovviamente non un tavolo per ogni gruppo o persona, ma tutti insieme, sconosciuti e diversi. In mezzo al tavolo un piatto con medias lunas, e un signore abbondante passa a versare il caffelatte versandolo contemporaneamente dalle due teiere che tiene una in un braccio e una nell'altro. Giusto il tempo per chieder un secondo caffelatte io ingorda, che mi sarei mangiata anche le medias lunas avanzate nell'altro tavolo, ma la vergogna ha avuto il sopravvento.
Si riparte, ormai è questione di qualche ora.
Arriviamo cosi alla città di frontiera, al confine con altri due paesi, Brasile e Paraguay.


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L'OSTELLO

Grazie al consiglio del mio cuginetto Juanchi che conosce il gestore, il giorno prima di partire prenotai una stanza rigorosamente con bagno allo StopHostel di Puerto Iguazù. Dalla stazione dei pullman una taxista senza misuratore ci frega 15 pesos (dovevano essere circa 10) per pochi metri, incredibilmente ci troviamo improvvisamente d'estate. Il sole splende e l'umidità è un qualcosa di inimmaginabile. Del resto siamo ben 1.500 km più vicine all'Equatore.
All'arrivo ci accoglie la mitica reception Noelia, che sa tutto. Ci facciamo convincere - nonostante le 24 ore di viaggio, senza doccia e a dir la verità senza acqua nemmeno nel lavandino del bagno nel pullman - a partire subito per la visita alle cascate Brasiliane, che si possono esplorare in poche ore. Sono le 13 ora locale, prenotiamo un accompagnatore per le 14 che con l'auto ci accompagnerà oltre il confine argentino e sbarcare ufficialmente in Brasile. Salita in camera (ovviamente non c'è nulla di tutto quello che era previsto ovvero phon, caricatore per ipod), le lenzuola sono tipiche lenzuola da ostello e non puoi far altro che sperare che siano solo apparentemente sporche ma che in realtà siano state lavate prima del tuo arrivo. Il nostro accompagnatore è un giovincello piccolino e dai trati mezzi boliviani mezzi argentini, con una voce vagamente da roditore. Ci fa anche da guida, ogni angolo ci propone qualcosa da poter comprare a pbuon prezzo (saranno tangenti?). Alla barriera scende con i nostri passaporti fra le mani e tarda un po' - mentre io pregavo che fosse tutto normale - ma poco dopo dietro il riflesso del sole cocente spunta e risalta in macchina. L'antico passaporto andava portato in salvo.

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Giorno num. 1 - PARQUE DO IGUAÇU, BRAZIL

Ci lascia al Parque do IguaÇu, appuntamento fra due ore per il ritorno. E inizia l'avventura.
Saliamo di corsa su un pullmino eterogeneo, turisti da tutte le nazionalità (prevalentemente brasiliani), alcuni in tuta, altre con tacchi alti e mezzo costume da bagno. Alla fermata della passeggiata (l'unica del parco brasiliano), una guida in portoghese viene registrata da due silenziose turiste italiane mentre spiega ai suoi tutti i dettagli, e cosi ci uniamo al gruppo di vecchiotti brasileri. Una delle prime visuali dall'alto, a sinistra un po' nascosta la Garganta del Diablo...




Proseguiamo il cammino percorribile, fino a trovarci nel mezzo delle acque.
Le sensazioni sono infinite. Il rumore della natura è qualcosa di incredibile. Per un motivo sconosciuto, nonostante avessimo con noi delle specie di impermeabili usa e getta, ho preferito lasciarlo chiuso, sentire quell'acqua sulla pelle, sulle labbra, e un rimescolamento dei 5 sensi che si percepisce così moltiplicato per cento, come quella grandezza che non si può spiegare. Il pensiero sentimentale più forte è il mio lato romantico: quello che mancava in tutto questo era solo la condivisione. Ed è la ragione che mi spinge a raccontarmi qui. La felicità di chi raggiunge una meta desiderata, la lontananza dalla quotidianità, la sensazione non di gioia ma di karma senza poterla comunicare in quel preciso istante ad una persona al mio fianco, con un abbraccio, o il tocco di una mano, mi rese leggermente triste.

Finito il paseo un'ascensore trasparente ci porta in alto, dove poi troveremo il pullman del ritorno. E' stato breve, ma ci vorrebbero pagine per raccontarlo, ci vorrebbero parole nuove da inventare.

Il nostro fedele autista è fuori come promesso ad aspettarci, e dopo la pericolosa uscita dall'auto con i passaporti, ci fotografa in mezzo al ponte di confine fra Argentina e Brasile. Mezzo ponte con i colori della bandiera argentina stampata sul guardrail cementificati, e mezzo con i colori argentini.

Il ritorno in ostello ci vede devastate, avremmo dovuto avere la gita alle cascate al chiaro di luna piena che il destino voleva mostrarci, essendo noi per caso li proprio con il momento plenilunio, ma lo stesso che ha portato le nubi e non ha permesso che potessimo provare anche questa veduta.

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Giorno num. 2 - CATARATAS DE IGUAZù, ARGENTINA

Colazione inclusa, tipicamente da ostello, sensazione di una semplicità che si perde nei nostri usuali hotel con colazioni immense per tutti i gusti. Ma qui avere colazione dolce e salata è un lusso, e il pane fresco con la marmellata sembra molto più buono. Come al solito ci metto mezz'ora in più della mia amica inghiottendo circa 4 panini sperando di evitarmi la fame del mezzogiorno.
Un pullmino viene a prenderci, siamo con pochi altri giovani dell'ostello, anglofoni, molti americani fanno turismo in queste zone.
Breve viaggetto senza parlare, con tanti pensieri e tanto fermento.
Sono le 9, appuntamento fuori dal parco alle 17.
All'ingresso un ragazzo molto gentile ci pianifica la giornata, noi in realtà avevamo già prenotato le due escursioni più belle, una su una camionetta in mezzo alla selva e l'altra con la barca che ci porterà proprio sotto le acque.
La fase selva con relativa spiegazione di flora e fauna lascia più che altro tempo al relax, ma il bello arriva quando ci imbragano e inizia il primo giro di barca, questo senza doccia, apposta per fare foto. Ovviamente noi italiane ci facciamo riconoscere volendo toglierci l'imbragatura per sbarazzarci di maglioncini inutili, ma non si può più! e cosi dopo la strigliata del personale ci mettiamo tranquille e ci teniamo il maglioncino. In realtà è andata bene, non avrei mai pensato che la barca andasse a quelle velocità, riusciamo a farci fare qualche foto, nonostante temessi molto per la mia fotocamera, mentre il comandante si diverte a farci sbattere di qua e di la tipo parco divertimenti.
Fase numero due: tutti gli effetti personali nella busta impermeabile consegnataci a inizio viaggio, si va sotto! Mi sono sentita proprio come una bambina al parco divertimenti con il riso matto di chi sta andando sotto una cascata d'acqua...
Scendiamo dalla barca per asciugarci al sole della Isla San Martin. Qui scambio di foto fra noi e gruppetti di galletti argentini, e poi ci si addentra nell'isola risalendo  tante lunghe scale. Sarà per l'ellenamento ma sono in testa e arrivo alla cima per poi fermarmi ad aspettare la mia amica sfinita e aver seminato tutti quelli partititi al mio pari. Qui ci sono delle vedute sensazionali, ma del resto non c'è un "mirador" meno bello di un altro. Qui c'è il senso di un'isola piena d'acqua, con zone d'ombra che non si asciugano mai...

Ormai ci mancano solo due percorsi, uno che ci mostra le cascate dal basso e uno dall'alto. Nonostante i tempi previsti riusciremo a percorrerli entrambi. Dal basso all'uscita un trenino ci porta all'ultimo percorso, dove forse la potenza si manifesta più grande. Qui scatterò una delle foto che più porto nel cuore, nella confusione della gente che cercava un posto per scattare e farsi scattare foto, simil fotografi che si improvvisano professionali con scalette e sgabelli per la ripresa dall'alto, e chissà mai se quelle foto pagate arriveranno a destinazione o si perderanno nelle correnti. Qui mi sento come quella farfalla incredibile, fragile, nella sua bellezza, forse inconsapevole, eppure ha il coraggio, ha i colori della vita e si avvicina pericolosamente a quell'ammasso di acque di cui solo una goccia potrebbe portarla via. Il cielo è blu, l'umidità è altissima, sono di fronte a una delle meraviglie del mondo più incantevoli, ho desiderato, ho sognato e ora sono qui. L'acqua è vita.
Ormai distrutte siamo addirittura in anticipo. Nei negozi verso l'esterno del parco tutto è costosissimo, ma quei venditori, con quei bellissimi gingilli fatti con le loro mani, loro chiedono pochi pesos per lavori lunghi e di pazienza. Così da Iguazù mi porterò via un loro ricordo, un abbellimento di semi d' anguria, e ogni volta che lo indosserò, nella mia estate cittadina, penserò a quei volti sofferenti. Penserò a tutti quei bambini, quelli che suonavano e cantavano con quel tipico ritmo indigeno, malinconico, ma pieno di voglia di vivere. Qui i bambini sono incredibili: magri e sporchi, girano anche in pieno centro Iguazu, con i capelli color paglia e gli occhi scuri, chissà come cresceranno, chissà che famiglia avranno, chissà il loro futuro. Lascio alcuni pesos anche a loro, ma mi chiedo dove mai li porteranno. Siamo alla frontiera, una frontiera geografica, politica, ma forse anche ai confini dell'esistenza umana, all'estremo di tutto.
Lasciamo il Parco, ci riportano all'ostello, e la serata prevede una buona cena di carne succosa, un cocktail tipo frappè al bayley's e il ritorno al letto.

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Giorno num. 3 - I tre confini

Abbiamo la mattina semi libera, dobbiamo solo liberare la stanza dell'ostello ma il pullman parte dalla stazione alle 13,20. Così su consiglio della nostra recepcionista, ci facciamo un giro a piedi, dove la visuale mostra l'intersecarsi del Paranà e del Rio de la Plata e non solo, l'angolo di Brasile, Argentina, Paraguay. Siamo alla "triple frontera". Uno strano monumento alla bandiera argentina e un altro con le tre bandiere. Foto, e ritorno. Il sole è caldo, i silenzi sono lunghi, inizio a sentire la voglia di tornare a casa.
Ovviamente il pullman arriva con un leggero di ritardo, ma ci sorprenderemo quando la mattina dopo arriveremo con anticipo a Rosario.

Ho parecchio sonno, attacco l'Ipod e mi isolo nelle mie riflessioni, con il solito senso di mancanza, con la voglia di sentire e raccontare alle mie sorelline, a mia madre. Vorrei avere carta e penna se non il mio notebook, per concentrare e ricordare tutte le emozioni di quest'esperienza. Chissà se ad alcuni giorni di distanza sarò stata in grado di riportarle tutte.

Questo è quello che chiamo Viaggio.

17-20 giugno 2011

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Solitamente non credo ai miracoli, non credo a nulla di ciò che non si possa vedere oggettivamente con gli occhi. Però le persone cambiano, a volte, e ognuno da il valore che crede alle proprie esperienze e a ciò che gli succede intorno. Io arrivai a Iguazu con un dolore al ginocchio da un mese, causato da un trauma potente, un dolore che era rimasto praticamente stazionario senza miglioramenti, nonostante le cure locali. La cosa mi preoccupava parecchio, soprattutto per impossibilitarmi a correre, e a fare le scale.
  
Nella Isla San Martin, durante lo scendere e salire le scale, improvvisamente mi resi conto che non avevo più dolore. Appena tornata a casa dopo le 20 ore di pullman,  vado a correre, e sfreccio, tornata come nuova. 


Sarà il caso, che quel viaggio sia coinciso proprio con la mia guarigione, o sarà che il viaggio in sè abbia aiutato la guarigione. Forse ha guarito alcune ferite invisibili, nella mente e nel cuore.

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