L'ARRIVO
Ma iniziamo dal
principio: una partenza perfettamente organizzata, accompagnata dalla
mia grande mamma e dai miei grandi affetti. Fino all'ultimo passo prima
della barriera umana di controllori di ogni genere, l'occhio mio
poteva vedervi li, ad abbracciarmi con lo sguardo, fino a che non sarei
partita con quel volo. Distacco, uguale a inizio avventura, durata: 3
mesi. E non mi dimenticherò mai, col cellulare ancora squillante di
messaggi, quelle mie lacrime sgorganti da mille emozioni in lotta. Una
potenza indescrivibile, quel sentirsi grandi e poter dire di avercela
fatta, con le proprie forze, sentire di aver ottenuto quello che si
desidera da tanto, sentire che volere è potere e che davvero non ci
sono scuse. Distacco totale, per dimenticare tante cose, un anno
incredibile. Eppure, pochi giorni prima di partire, un motivo in più
per non partire. Una sensazione, niente di più. Eppure di persone ne
conosci tante, e più ne conosci più impari, impari a capire te stesso,
impari chi farà parte del tuo futuro, chi può condividere almeno il
presente e chi no. Tutte quelle con cui sto condividendo il mio
presente sono la scelta più bella che abbia fatto in questi ultimi
anni.
Questo il flash back di
pochi istanti di navetta terminal/aereo Alitlia, destinazione Roma.
Trovo il mio posto, a fianco un tedesco madrelingua con uno spagnolo
perfetto, uomini d'affari, nessuno mi rivolge la parola se non qualche
sguardo dubbioso.
Roma Fiumicino, ore
21.00. Anche dall'alto e anche in questa zona, Roma è fantastica. Aereo
in ritardo, giusto il tempo di passare al Gate G, su una mini
astronave aeroportuale, il gate dei voli intercontinentali. Circa una
mezz'ora di attesa, e poi l'oceano sarà mio. Vado a bermi un
cappuccino. Il barista mi chiede se fumo e vedendomi sorridere si
risponde da solo, ho i denti troppo bianchi dice. Mi chiede che vado a
fare a Londra, no veramente andrò un po' piu lontano. Ah, te lo sei
trovata argentino! No, davvero hai sbagliato tutto!! Resto via qualche
mese, lavoro... Brava, buona fortuna. Il cappuccino l'ha fatto proprio
bene, tocco romano.
E' ora, ci si imbarca. A
Roma le barriere architettoniche superano qualunque buon senso, rampe
di scale con una bagaglio a mano leggermente sovraccarico, pc a
tracolla, borsetta. Salgo, un signore che sembra italiano mi aiuta a
mettere il bagaglio in alto, meno male che c' è ancora qualcuno che
pensa agli altri. Arrivo e vedo il mio posto: preferirei un incubo: una
signora dai tratti tipicamente sudamericani, diciamo molto abbondante,
al lato finestrino, e dall'altra parte una vecchietta argentina, che
dice di non essere in grado di alzarsi per farmi entrare al mio sedile.
Dice che ce la posso fare. Inizia un viaggio molto duro.
La sudamericana non
parla molto, a parte quando deve ridere della vecchietta che fa cose
strane e si lamenta di tutto, e chiede tutto a tutti. La viejecita
Maria Cristina del Campo viene da un viaggio a Venezia, lo fa ogni
anno. Mi chiede che vado a fare a Rosario, dice che il mio accento
Castellano è impeccabile, non si direbbe che sia italiana. Un sonno un
po disturbato e spezzato da bicchieri d'acqua serviti con gentilezza -
perfino lo stuart si preoccupa di come procede il viaggio con la mia
compagna viejecita-, e cena a mezzanotte circa. Mancano ancora 10 ore
di volo. Guardo un pezzo di film, dormo mi sveglio e faccio tutto
quello che si può fare per cercare di dormire in mezzo a due persone
sapendo che andrò a trascorrere 3 mesi della mia vita fuori continente,
con il sapore dell'amore sulle labbra, senza aver nemmeno potuto
assaggiare quella medicina, ma appoggiando le labbra qu quel bordo di
bicchiere zuccherato. Che strana la vita. Anzi, "Che gran bel film è la
vita".
Manca poco, colazione,
c'è ancora buio nella mattina di Buenos Aires. Arrivo, il signore che
mi aveva aiutato mi abbassa il bagaglio di nuovo. Coda per controlli
passaporto, e io mi metto in quella sbagliata, quella degli argentini e
non dei Turistas. Il signore, Alberto, mi chiede se sono Italiana e
cosa ci faccio in Argentina, parlando mi fa notare della coda sbagliata
e mi fa passare davanti a lui, nel caso avessi bisogno prova a
convincere a non farmi rifare la coda di 15 minuti dall'inizio. Mi da
il biglietto da visita, sua moglie lavora a Rosario, in caso avessi
bisogno. Arrivo dal chico dei controlli, un tipo Batistuta, capello
alla Jesus, e non mi fa problemi per la coda sbagliata. Mi chiede
quanto mi fermo: 3 mesi di Visto stampati sul passaporto. Mi saluta e
mi augura buena suerte. Saluto e ringrazio Alberto, corro ai bagagli.
Terrorizzata, il mio bagaglio non lo vedo da Verona, ha fatto scalo
anche lui, ma pochi minuti bastano e ci riconosciamo subito! Lo prendo e
cerco di capire come fare per portare due trolley, un giaccone legato
in cintura... e dogana di nuovo, togli la giacca, carica le valigie sul
nastro... ma finirà??!!! dopo quasi 24 ore inizio a sentirmi una
barbona. Eccola, l'uscita. Tanta gente coi cartelli di nomi di amici
parenti cari in arrivo, cerco il mio... ma non c'è bisogno la zia
Josefina mi viene incontro e mi chiama con lo zio Guillermo, che
emozione dopo tanti anni - mi sembrò per un momento di vedere la Carrà
gridare Carramba.
Neanche da paragonare il
loro livello di ospitalità, mi accompagnano in macchina al Retiro, la
stazione dei pullmana a B.A. Auto impazzite, traffico sudamericano,
inquinamento a livello incredibili. Noi con le targhe alterne, loro
perdono le marmitte e fumate nere puzzolenti dai tubi di scappamento.
Sorpassano a destra. Suonano come pazzi. Nella jungla del traffico
parlo con loro in spagnolo della mia vita, tanti complimenti per la mia
lingua - inizio ad esserne fiera! - mi istruiscono su usanze, modi di
dire, ventiliamo futuri week end da loro. Arrivo in stazione, che
sguardi strani questi argentini. Mi aiutano col biglietto, colazione,
cafe con leche y media luna. Salgo sul pullman, mi regalano un giornale
da leggere per le 4 ore che mi aspettano. Li saluto di cuore, ci
vedremo presto.
Sono le 10 di mattina
ora locale, arrivo a Rosario previsto per le 14. Distendo il sedile ed
inizio a dormire appena vedo la pianura infinita, monotona e uguale per
km e km. Penso a Granada-Jaen con la mia amica. Ma qui sono sola, in
mezzo alla Pampa, il cellulare senza soldi... tu chiamale se vuoi
emozioni. Metto gli U2 nell'Ipod, e penso. Mi addormento per un'oretta e
di nuovo lo stesso paesaggio.
Arrivo a Rosario. Fa
caldo, umido. Il maletero che scarica la valigia si merita una
mancetta, qui è un must, e mi faccio indicare un taxi, mi porta le
valigie fino alla fermata dei taxi e di nuovo, buena suerte. Salgo sul
taxi senza baule, i bagagli arrangiati nei sedili. Il taxista dice che
ho l'accento di un posto che non ricordo, ma gli svelo di essere
italiana, sperando non se ne approfitti. Infatti è onesto, arrivo al
MIO appartamento. Suono, la coinquilina mi aspetta. Scende col suo
ragazzo, mi accompagnano, vado nella mia camera. Un vortice di
emozioni... è passato un giorno solo, ma stento a ricordare quei
momenti... mi metto subito al pc. Facciamo casini con la connessione,
praticamente ora la connessione si chiama PC CAMILLA, e la chiave la sa
solo il mio notebook. Arriva el dueno, il padrone. E' un uomo giovane,
molto gioviale, come tutti gli argentini conosciuti finora. Mi consegna
le chiavi mi racconta un po' di cose di casa. Mi sento molto a mio
agio. Stop. Sono arrivata. Spesa, pulisco veloce camera e finalmente,
doccia.
Mi porto il pc in camera
ed inizio la mia avventura di contatti. Quante persone dall'Italia mi
chiedono. Tanto orgoglio. Pian piano arriva un sonno profondo, mi
cambio e fisso il mio letto, le lenzuola sono pulite, sembra molto
confortevole. Non ho nemmeno il tempo di pensare.
Sveglia. Non avendo ne
cenato ne pranzato, ho una fame fotonica. La marmellata ai frutti di
bosco non sembra lascelta più azzeccata, ma le fette biscottate e il
caffelatte hanno lo stesso sapore dei primi giorni di Erasmus. Si
svegliano anche coinquilina e consorte, io e lei ci prepariamo per
andare e visitare il nostro futuro ufficio. Piove a dirotto. Arriviamo
alla Camara de Comercio, primo piano stanza 108, troviamo Ignacio, il
nostro futuro mentore. Si presenta, ci insegna come si bacia in
Argentina, nel senso di saluto! un solo bacio a sinistra. Ci racconta
un po' di cose, e mentre parla rifletto su dove sono. Sono davvero qui,
vedo la mia postazione con il mio pc, si inizia lunedi. Ci da una
mappa della città, ci presenta il presidente. Una figura molto elegante
ma altrettanto informale, un uomo piacente. Ignacio ci saluta, ha
molto lavoro...
Sempre più convinta che
col sorriso e l'informalità la vita sia mpolto più facile, salutiamo e
ringraziamo, con la consapevolezza che un posto di lavoro cosi in
Italia non sarà mai.
Vado a comprare un
cellulare per la scheda argentina, un'avventura infinita, non posso
pagare con bancomat se non ho il pasaporte. Lascia cellulare e spesa,
torna a casa, prendi pasaporte, torna a prendere la spesa. Tutto con un
ombrellino minuscolo, le strane allagate, la gente impazzita che guida
e non fa passare, se non per guardare con curiosità una ragazza bionda
palesemente straniera. Arrivo a casa, considero la mia giornata
finita. Mi metto al pc, esattamente dove sono ora, una chiamata
bellissima su skype, una foto rincuorante... e una voglia
insoddisfabile. Scrivo, parlo della mia avventura. Ormai è ora di cena,
ma non vedo l'ora di essere a letto. Ancora due giorni di relax, prima
del vero inzio.
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