29-M anno 2012


Ebbene sì, è arrivato il momento, anche se in modo non convenzionale,  anche qui siamo quasi fisicamente costretti a parlare di #crisi. La crisi dell'impiego, la crisi economica, la crisi dei valori, ormai è diventato argomento di cornice, allo stesso modo in cui si parla del tempo, per condividere luoghi comuni con persone poco conosciute con cui non ci si può addentrare nel privato. Il problema è che #crisi - che dipendendo dal giorno può mascherarsi sottoforma di altri TT come#riformista, o #Paese e quant'altro - non è solo un discorso di comunicazione empatica, è una situazione che tocca ognuno, e personalmente. Personalmente però, credo che il motore psicologico di suggestione abbia un potere quasi più grande che gli stessi dati economici, ma quanto detto non è misurabile. 
Amici coetanei laureati disoccupati, giornate vuote che portano molti giovani a mandare CV quasi demotivati, certi che non si troverà nulla, e come in un circolo vizioso nessuna azienda potrà assumere persone demotivate, sempre che siano motivate ad assumere quando la maggior parte stanno esuberando personale. 

Per sentirmi sicuramente investita da questo mondo in lotta, in un Paese, quello natale, con un governo che alza tasse, con multinazionali che tagliano personale, ed essere fuggita anche se solo per temporeggiare - e devo ammettere che non potevo scegliere modo più produttivo per temporeggiare nonostante mille volte mi sia sentita ripetere  "ma cosa vai a fare là, non troverai nulla di meglio" - e mi ritrovo nel mezzo di una Huelga general, nella capitale della nostra sorella Spagna, che come tutti azzardiamo "sta peggio di noi". Si tratta del día 29 de marzo, la 29-M. Data la mia posizione di non realmente "contratada" mi sono posta il problema se eticamente avesse un senso aderire. E forse ho trovato un senso nell'appoggiare la lotta contro diritti umani che la reforma laboral in qualche modo riduce, e lo faccio in nome e nel segno di nessun partito politico proprio perché straniera, proprio perché prendo a cuore questo paese come fosse mio, perché non basta pensare che saranno sempre gli altri e che uno in più non fa la differenza. 
I fulcri di maggior movimento a cui assisto sono in Plaza del Sol nella serata del 28, e nella stessa per la mattina del 29. Il giorno è bellissimo, e a parte le pattuglie della polizia, le ragazze con vestiti ormai estivi in Calle Preciados sembrano non curanti nel loro shopping, la città sembra più tranquilla che mai, e per la prima volta vedo in un giorno feriale il pomerigio soleggiato del centro di Madrid. Gli sciperanti, alquanto tranquilli rispetto a quanto mi aspettassi, si sono trasferiti in piazza Cibeles, una dei punti della città che preferisco, per l'architettura, per gli spazi, per la porta di Alcalà che si erge in lontananza e dall'alto domina. Un punto ieri abbracciato da un tocco di atmosfera carnevalesca, perché di protesta vera in quel momento non aveva molte connotazioni. Le strade senza il traffico, ragazzi che mettono alla prova il deserto distendendosi in mezzo a una corsia stradale, ma poco fiduciosi si rialzano. Cartelli e magliette colori verde e rosso, scritte un po' - ma non abbastanza - provocatorie ed è più o meno tutto. E così percorro la via di casa pianificando invii di curricula compulsivi e continuando a credere in tutto quello che ci stanno togliendo i potenti sopra di noi.



 



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