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pause pranzo - straordinari - Museo Macro

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E siamo a jueves, quarto giorno di questa interminabile settimana. Da dove incominciare. I nostri colleghi: Ignacio è per noi il rappresentante ufficiale dell'Argentina, ci orienta sugli usi e costumi locali, le forme linguistiche, fa le veci del direttore che ancora non si è visto, è un ragazzo molto serio, un avvocato che per arrotondare - per campare - fa due lavori. Ci ha parlato degli stipendi: in Italia ci lamentiamo, pare che non ce la si fa mai ad arrivare a fine mese, eppure le proporzioni dell'Argentino medio non reggono: un affitto 1ooo $ pesos, uno stipendo medio 2ooo $ pesos. Mutui senza almeno un 50% dell'importo subito, non ne danno. Avere due lavori qui è normale e necessario. E' vero che il sistema è tutto sballato, nella Camara ad esempio non sembrano avere le giornate piene di lavoro. Tuttavia non si possono certo condannare.  La nostra settimana di lavoro è stata tipicamente "stagista", pratiche che gli altri non hanno voglia di fare, cose

PRIMER DIA DE "TRABAJO"

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Dopo il famoso sabato sera sotto la guida di Jose,  cappatina al Galiffi e stazionamento al RockFeller's, scopriamo che qualcosa di più avvvavnti di noi c'è qui in Argentina: le lunghe attese per ottenere un tavolo in Italia progrediscono a suon di cameriere che canta (il tavolo di Camilla è libbero, Camilla x 20!!), qui  invece ci viene consegnatoun fantastico mini disco volante. Pare che invece della chiamata alla maniera italiana qui il disco volante si illumini quando è il nostro turno. Una bevanda analcolica (Coca light all over the world), e ancora il nostro fuso orario non ci permette di adeguarci alla fauna locale, che nel momento in cui noi torniamo si appropinqua a cenare.  Dopo una domenica in giro, con il cielo di nuovo grigio e un caldo umido primaverile, arriva il giorno tanto atteso, il primer dia de trabajo. La temperatura si è abbassata vertiginosamente, il cielo è azzurro limpido, il sole splende verso le 8 del mattino. Mi alzo un po' di tempo prima per r

diferente

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Primi passi a Rosario, prime abitudini strane, primi momenti difficili! Primo negozio visitato: "Miga Miga" , un negozio indefinibile dove trovare qualunque cosa, vi lavorano due baldi giovani simpatici, dove compro la mia tarjeta Personal, il mio numero argentino. Devo ancora capire come funziona qui con i prefissi, tuttavia riesco ad attivarlo e a ricaricarlo.  Supermercato Cota: avendo portato con me un vecchio Nokia 3310 come secondo cellulare, e vantandomi con me stessa per esser stata cosi furba stavolta da essermi ricordata, non avevo pensato che si trattava di un dual band, da questa parte del mondo non funziona. Ok, compriamo un cellulare. Procedure molto complesse, se non fosse per la carnagione dei commessi sembrerebbe di stare in Italia, per comprare un telefono servono dati, passaporto, indirizzo.  Spesa: dopo aver trovato con fierezza l'aceto balsamico e averlo accuratamente posizionato nel mio carrello, riesco a fare una virata tale da farlo uscire da una

RECIEN LLEGADA - La barca si è allontanata dal porto sicuro.

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E come d'incanto la solita postazione di scrittura è mutata, la colorazione del blog diventa blu cielo e bianco nuvole, ed anche se tu lettore non puoi sapere esattamente dove mi trovi, avrai la possibilità di leggere dei passi fatti in Argentina, un'Argentina raccontata, non puoi sapere se reale, ma io, scrittore occulto, sono qui, a Rosario, in un mondo della letteratura - e in quello della vita vera.  Ma iniziamo dal principio: una partenza perfettamente organizzata, accompagnata dalla mia grande mamma e dai miei grandi affetti. Fino all'ultimo passo prima della barriera umana di controllori di ogni genere, l'occhio mio poteva vedervi li, ad abbracciarmi con lo sguardo, fino a che non sarei partita con quel volo. Distacco, uguale a inizio avventura, durata: 3 mesi. E non mi dimenticherò mai, col cellulare ancora squillante di messaggi, quelle mie lacrime sgorganti da mille emozioni in lotta. Una potenza indescrivibile, quel sentirsi grandi e poter dire di avercela f

L'ARRIVO

Ma iniziamo dal principio: una partenza perfettamente organizzata, accompagnata dalla mia grande mamma e dai miei grandi affetti. Fino all'ultimo passo prima della barriera umana di controllori di ogni genere, l'occhio mio poteva vedervi li, ad abbracciarmi con lo sguardo, fino a che non sarei partita con quel volo. Distacco, uguale a inizio avventura, durata: 3 mesi. E non mi dimenticherò mai, col cellulare ancora squillante di messaggi, quelle mie lacrime sgorganti da mille emozioni in lotta. Una potenza indescrivibile, quel sentirsi grandi e poter dire di avercela fatta, con le proprie forze, sentire di aver ottenuto quello che si desidera da tanto, sentire che volere è potere e che davvero non ci sono scuse. Distacco totale, per dimenticare tante cose, un anno incredibile. Eppure, pochi giorni prima di partire, un motivo in più per non partire. Una sensazione, niente di più. Eppure di persone ne conosci tante, e più ne conosci più impari, impari

P I E N E Z Z A

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L'inizio di questo blog e l'inizio di un pezzo importante di vita erano protratti a questo esatto istante, che oggi finalmente prorompente diventa PRESENTE, reale.  Un fase di magra frustrazione, sempre costruttiva, ha fatto sì che la determinazione sulle avversità avesse la meglio. E ancora una volta, posso testimoniare che continuando a volerlo, facendo di tutto, sperando fino in fondo, quel momento arriva.  Una laurea e un voto che non sono solo questo. Sono il riflesso di momenti di vita incredibili. Dietro quel momento circondata da tutte le persone che amo, io, la protagonista, davanti ad una commissione di professionisti che non appare più cosi intimorente. Oltre a quel dialogo di specialità linguistiche, oltre a quelle pagine scritte con passione e grinta, ci sono separazioni, persone che vanno segnano e tornano, amicizie profonde, pensieri sul futuro, tensioni, amori, lacrime, assenze. Oggi più che mai ho potuto dimostrare quello che faccio da tempo. E tutto torna. I c

EFFIMERO

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Cosa sto facendo? cosa sto facendo? Fuori di me pare non avere più niente senso, o almeno quel senso di cui finora ho ricoperto gli strati della mia vita. Finalmente un grande passo è vicino. Lo volevo, lo sapevo, avevo poca fede ma l'ho ottenuto e non c'è nulla che abbia più valore di questo.  Ho perso. Ho perso una cosa grande perchè non ero più in grado di portarla avanti, forse troppo grande per me, che in mezzo a tanta tempesta ho preferito restarmene al porto. Poi succede che il porto non mi piace, perchè una barca non è fatta per questo. Così mi ributto, in un momento, in quel mare aperto che fa paura che non ha futuro, ma che è cosi affascinante e stimolante. Stimolante. Questo è l'aggettivo che più di tutti mi rimbalza in testa. Ed è quello più difficile da trovare, negli occhi, nelle parole delle persone. E cosi in un secondo mi sono liberata di parte del fardello anti-stimolo, mi sono ributtata... ma per poco. Sono al porto, ora, indecisa. Eppure mi sono guardata